martedì, giugno 19, 2007

La rotta degli squali


Si parla di ritocco alla legge Biagi, secondo le proposte presentate dal ministro del lavoro C. Damiano alle parti sociali e che sta per essere presentato in parlamento. In esse si prevedono 3 cose, la prima è l’aumento dell’aliquota dei contributi previdenziali per i collaboratori precari a progetto (dal 23 al 25 per cento) e una supervalutazione di essa ai fini pensionistici.
Secondo: i contratti a termine dovrebbero essere limitati nel tempo per uno stesso lavoratore.
Terzo: i contratti di “staff leasing” (gruppo di persone assunte a progetto) e “job on call” (cioè lavoro a chiamata giornaliera)saranno aboliti.

Questa revisione della legge Biagi (niente di che, ma meglio che un calcio in culo) sarà presentata in parlamento e secondo il “corriere della sera" vi sarà dura opposizione della “sinistra radicale”, perché non sarebbe convinta della “filosofia del rafforzamento del part time” che sostituirebbe i contratti al punto 3 .

Il progetto di ritocco è osteggiato da destra da alcune parti sociali (imprenditori) che trovano la loro voce nell’ex sindacalista CGIL-FIOM Pietro Ichino, il quale, in un editoriale del “corriere" di ieri, citando “fonti autorevoli” afferma che non è vero che la legge Biagi abbia aumentato la disoccupazione e il precariato e cita grafici e statistiche tratte da un libro :( “legge biagi” :anatomia di una riforma, editori riuniti 2006) una raccolta di saggi varii di economisti e sociologi, a difesa della legge Biagi e del quale lo stesso ministro Damiano nonchè il presidente della commissione del senato T.Treu (tra i legislatori della legge 30) hanno scritto la prefazione.

Di questi saggi (di cui il "corriere" insinua che i “prefattori” non abbiano letto una riga) Ichino estrapola, appunto i dati su cui appoggiare la serrata critica al “ritocco” che il governo farà, in nome del fatto che la legge biagi sarebbe una buona legge e andrebbe lasciata com'è. In particolare l’abolizione dei "job on call" e dello “staff leasing” lascerebbe aperto un vuoto legislativo preoccupante, a fronte della necessità, da parte del mercato del lavoro, di personale temporaneo per natura (es un cameriere per un banchetto ) .

L’ex sindacalista CGIL-FIOM si chiede preoccupato come potranno essere sostituiti questi contratti, paventando inquietanti scenari di lavoro nero che sarà costretto a imporre chi avrà bisogno di questa tipologia di lavoratori.

Tra dati numerici, tabelle e argomentazioni catastrofiste, leggiamo una serie di argomentazioni portate dall’ex sindacalista CGIL-FIOM Ichino, tese a creare nell’opinione pubblica l’idea che il fatto che la legge Biagi sia un “male”è solo una leggenda metropolitana (intitola infatti il fondo “le leggende sulla legge Biagi").
Da buon sindacalista, Ichino, si occupa del benessere dei lavoratori da sempre. E’ infatti portavoce di una corrente di governo che vorrebbe “sorvegliare e punire” i lavoratori pubblici classificabili (secondo parametri suoi) "nullafacenti" ed ora avversario di una revisione della legge Biagi e di un’apertura alla contrattazione per i singoli lavoratori.

Perché Ichino puo’ portare tutte le tabelle che vuole, attinte a fonti “pro domo sua” (anche se Damiano e Treu ne hanno scritto le prefazioni), ma il dato di fatto è che, anche se cerchi cause e concause del precariato nel passato della storia d’Italia, la legge Biagi è comunque una iattura da cancellare, una legge che lascia numerosi appigli per la schiavizzazione dei lavoratori: dalla diminuzione dei contributi pensionistici , al rinnovo ad libitum per i contratti di un giorno e altri centinaia di casi in cui si instaurano condizioni lavorative inique, senza garanzie per i lavoratori, sottopagati, precari e per giunta sottoposti a rischio incidente..

Se non altro questo “ritocco” che il governo farà potrebbe attenuare gli aspetti più aberranti della Biagi stessa (ci voleva Berlusconi che vinceva le amministrative per muovere la macchina del consenso) anche se bisogna vedere la stesura definitiva del decreto e le "fregature” che dietro di esso si celeranno.

In ogni caso Ichino (ripeto: ex dirigente sindacale CGIL-FIOM) è il più strenuo difensore dello status quo: se cercate su Google “legge Biagi” otto voci su dieci le scrive lui.

Un uomo tutto d’un pezzo, economista lucido, autorevole e soprattutto indipendente, nella manifestazione delle sue opinioni, da altre forze che non siano l’equità e la giustizia sociale (come il suo passato in CGIL-FIOM chiaramente dice).

A conclusione copioincollo lo stralcio di una mail del premio nobel per l’economia J.Stiglitz, a Beppe Grillo, in cui manifesta la sua opinione sulla legge Biagi:


la legge sul primo impiego viene ritirata in Francia dopo poche settimane di mobilitazione studentesca e da voi la legge 30 resiste senza opponenti dopo anni. Permettimi allora una breve riflessione Nessuna opportunità è più importante dell'opportunità di avere un lavoro. Politiche volte all'aumento della flessibilità del lavoro, un tema che ha dominato il dibattito economico negli ultimi anni, hanno spesso portato a livelli salariali più bassi e ad una minore sicurezza dell'impiego. Tuttavia, esse non hanno mantenuto la promessa di garantire una crescita più alta e più bassi tassi di disoccupazione. Infatti, tali politiche hanno spesso conseguenze perverse sulla performance dell'economia, ad esempio una minor domanda di beni, sia a causa di più bassi livelli di reddito e maggiore incertezza, sia a causa di un aumento dell'indebitamento delle famiglie
Una più bassa domanda aggregata a sua volta si tramuta in più bassi livelli occupazionali. Qualsiasi programma mirante alla crescita con giustizia sociale deve iniziare con un impegno mirante al pieno impiego delle risorse esistenti, e in particolare della risorsa più importante dell'Italia: la sua gente.
Sebbene negli ultimi 75 anni, la scienza economica ci ha detto come gestire meglio l'economia, in modo che le risorse fossero utilizzate appieno, e che le recessioni fossero meno frequenti e profonde, molte delle politiche realizzate non sono state all'altezza di tali aspirazioni. L'Italia necessita di migliori politiche volte a sostenere la domanda aggregata; ma ha anche bisogno di politiche strutturali che vadano oltre - e non facciano esclusivo affidamento sulla flessibilità del lavoro. Queste ultime includono interventi sui programmi di sviluppo dell'istruzione e della conoscenza, ed azioni dirette a facilitare la mobilità dei lavoratori.
Condividiamo l'idea per cui le rigidità che ostacolano la crescita di un'economia debbano essere ridotte. Tuttavia riteniamo anche che ogni riforma che comporti un aumento dell'insicurezza dei lavoratori debba essere accompagnata da un aumento delle misure di protezione sociale.
Senza queste la flessibilità si traduce in precarietà.
Tali misure sono ovviamente costose. La legislazione non può prevede che la flessibilità del lavoro si accompagni a salari più bassi; paradossalmente, maggiore la probabilità di essere licenziati, minori i salari, quando dovrebbe essere l'opposto. Perfino l'economia liberista insegna che se proprio volete comprare un bond ad alto rischio (tipo quelli argentini o Parmalat, ad alto rischio di trasformazione in carta straccia), vi devono pagare interessi molto alti.
I salari pagati ai lavoratori flessibili devono esser più alti e non più bassi, proprio perché più alta è la loro probabilità di licenziamento. In Italia un precario ha una probabilità di esser licenziato 9 volte maggiore di un lavoratore regolare, una probabilità di trovare un nuovo impiego, dopo la fine del contratto, 5 volte minore e che fino al 40% dei lavoratori precari è laureato.
Ma se li mettete a servire patatine fritte o nei call center, perché spendere tanto per istruirli?

12 commenti:

meinong ha detto...

Brava Cloro

Pensatoio

Anonimo ha detto...

in un articolo su Repubblica oggi, Luciano Gallino smentisce totalmente Ichino (senza nominarlo) e sostiene anche che questa riforma, forse il massimo che questo governo puo' fare, e' estremamente limitata rispetto alle necessita'.
Le ragioni, aggiungo io, sono complesse, ma forse si possono riassumere in un dato di fatto: l'industria italiana si e' dimostrata finora incapace di competere nel mercato dei prodotti ad alto valore aggiunto.
Ed e' su questo che bisogna intervenire prima.

Anonimo ha detto...

Il fatto è che se aspettiamo che l'industria italiana si svegli da sola allora possiamo fare i vermi... dovrebbe essere il governo a guidare inizialmente gli obiettivi della politica industriale, in modo da concentrare gli sforzi sui settori in cui l'Italia può essere competitiva, un po' come in Germania.
E a parte questo, non sarebbe nemmeno male se nella riduzione dei costi di produzione si considerassero anche fattori diversi dal lavoro dipendente (tipo spese burocratiche ed energetiche)

Anonimo ha detto...

Beh, in effetti questa idea dell'Italia che deve essere "competitiva" non mi convince molto.

I cinesi non sono cretini e potranno facilmente diventare "competitivi" con l'Italia in qualunque campo.

Inoltre, l'unica istituzione di massa in grado di formare gente "competitiva" è la scuola, e sappiamo tutti com'è messa la scuola italiana.

E sappiamo anche come è messo l'eccellente sistema scolastico di massa della Cina.

mario ha detto...

Anche se proviamo ad immaginare una massa di iper specializzati ed iper preparati per il mondo del lavoro, quale e' il tipo di "lavoro" da svolgere in un moderno sistema paese?
la massa dei laureati ha come prospettiva lavori dequalificati, ripetitivi ed alienanti perchè è questo che richiede l'industria ed il sistema dei servizi.
per lavori a basso valore aggiunto ci sono solo rapporti di lavoro "flessibili" e "precari".Di quei lavoratori non importa molto al mondo delle imprese.
Sono i nuovi "proletari" con in più nessuna garanzia e la perenne spada di Damocle del non rinnovo sulla testa.
E' un modo per parcellizzare e controllare meglio la forza lavoro.
Essere contro la precarietà è essere contro un sistema di sfruttamento metodico della manodopera che sposta indietro le lancette della storia e delle conquiste, è essere contro un'idea di società in cui l'individuo viene lasciato da solo, in cui viene impoverito di valori quali la solidarietà di classe, in cui lottare è una negoziazione impari tra uno ed un sistema organizzato.

Anonimo ha detto...

Ciao Cloro,
Ottimo post e interessante dibattito.
Condivido in larga parte le tesi di Miguel Martinez e di Mario.
Un cordiale saluto a tutti,
Carlo

Anonimo ha detto...

Io concordo con te per una ragione principalmente. Perche' sei la compagna di mio cugino Spartacus, quindi se lui ti ha fatto andare il post su kilombo quale redattore, deduco che e' d'accordo!
Saluti
Spartacul

Barbara Tampieri ha detto...

Secondo me è questione di tempo. Anche se forse noi non riusciremo a vedere il cambiamento.
Oggi come oggi ci sono milioni di persone nei paesi emergenti che vengono sfruttate e producono merci a bassissimo costo.
Però già i cinesi si stanno svegliando. Quelli che commerciano da noi stanno già alzando i prezzi al livello di quelli italiani. Quando anche in Cina, in Polonia, e in tutti i paesi che avesso baciano il culo di Bush non accetteranno più di farsi sfruttare e quindi aumenterà il costo del lavoro e si livellerà il discorso della concorrenza, cosa si inventeranno 'sti qua per pagare la gente una miseria?

Sir Percy Blakeney ha detto...

Cara Lame... sei utopica.. te lo dico perche qui dove sono ora trovi la risposta ed onestamente fai anche delle discrete comparazioni con l'Italia.
Per Prima cosa il costo della vita in sud america e' bassisssssimo.
Altro aspetto e' retribuzione basata sulla formazione e l'esperienza esistono sostanzialemente 2 classi chi non ha studiato (parliamo di max medie inferiori ma e' tanto.. ) e chi ha si e' laureato (nota la laurea non e' solo per i ricchi conosco persone non abbienti i cui figli si stanno laureando)
Insomma un laureato qui guadagna ne piu e ne meno che in Italia e ti diro uno con esperienza anche di piui. ed aggiungo non va a lavorare da Mcdonald oppure in un call center.
Altro aspetto non sei archiviato all'arrivo dei 45 per ragioni di costi.. e dar spazio al ragazzino con contratto a progetto...ma anzi
Quindi i paesi emergenti non sono tutto male (bambino che fa la palla di calcio) ma c'e molto bene e grandi opportunita. (so di non esser stato chiaro in questo commento ma prendilo come spunto)
Invece quello che deve far incazzare e' come mai in Italia un ingegnere da noi finisce al call center?? perche' e' li il vero problema... in sintesi prima di guardare i giardini degli altri, dovremmo guardare i nostri... e curarli

Barbara Tampieri ha detto...

@ SPB
penso che sia una legge di natura. Prima o poi la rivoluzione arriva. Ci vuole tempo e come ho detto noi non la vedremo.

Anonimo ha detto...

sai che sforzo questa riformetta! certo, è meglio di un calcio in culo, ma con questa scusa hanno campo libero per altre porcate...eh eh...
e tra l'altro, aspettiamo...perchè non è detto che riescano nemmeno con la riformetta...
un saluto libertario
orso

Cloroalclero ha detto...

mbe? ma la discussione finisce così?
Io penso che sia positivo che il governo ritocchi la legge biagi. personalmente la abolirei, ma meglio che un calcio al culo, come espresso.
Del resto le armi non le impugna nessuno, no? dobbiamo confidare nei sondaggi: se sono filo berlusconi, magari qualche legge decente la tirano fuori.