La Civiltà dell'Amore
Gesù ha detto: “Dio è amore”. Che stronzata. Per dire qualcosa che avesse un minimo di senso avrebbe dovuto dire, almeno, “l’Amore è Dio”. Forse l’eredità che avrebbe lasciato sarebbe stata diversa. Forse non ci sarebbe stato un Rumsfeld che dice che la giustizia dei bombardamenti è qualcosa che gli ha confidato Dio. In un rapporto confidenziale, fatto di preghiere, meditazioni e religiosità profusa.
I cristiani e i religiosi in genere, specie i monoteisti, tendono a sottolineare che Dio, sì, sarà anche amore, ma è soprattutto autorità.
Così poi si elaborano scritture, congetture, corollari e cazzate, con cui per come la giri la giri, prevale sempre Dio=autorità che NECESSITA a credere, attuare, operare determinate cose, fossero anche sparare, devastare, ammazzare ecc…
Dio come amore viene, in seconda istanza, completamente trascurato.
Io sono favorevole all’aborto. Non suscita nessun cedimento della sensibilità, in me, il pensiero di decine di milioni di bambini mai nati, perché la mamma ha voluto abortire.
Generano in me molta piu’ pena le mamme che hanno perso il loro feto, per un aborto spontaneo.
Per me l’aborto volontario non è un male necessario. E’ un bene. Perché non c’è niente di più devastante, sia sotto l’aspetto della specie, che del singolo, che essere generato in un utero di una persona la cui volontà è quella di abortire.
Una mia amica, incinta di cinque mesi, è andata fuori strada con l’auto in montagna. La macchina è rimasta sospesa per metà nel vuoto di un baratro e per metà sulla terraferma.
La mia amica ha strisciato fino al sedile posteriore, come se si trovasse sulla nitroglicerina. Poi è uscita dall’auto.
Non si è fatta neppure un graffio, ma il bambino è morto d’infarto.
Come poteva vedere? Percepire quello che di spaventoso sarebbe potuto accadere? E’ che lui condivide lo stesso organismo della mamma. Ogni sentimento, ogni passione, positiva o negativa, si traduce in una commistione fisico-spirituale e in una condizione esistenziale, che il bambino vive già, anche quando è un grumo di cellule.
La mamma passa al bambino ogni pensiero, sentimento, umore. Si trasformano in utero più acido o meno acido, in sangue inquinato o salutare. E a queste modificazioni fisiche si accompagna uno status esistenziale, che si imprime in lui, nello stadio prenatale e che lo accompagnerà per sempre.
Se un bambino è atteso, amato, accolto, sarà un umano migliore. Quando sta in pancia lo si immagina, non si vede l’ora di vederlo in faccia, di toccare il suo corpo, di sentire l’odore. Se poi il bambino nasce, crescerà con una diversa percezione dell’esistere. Sentirà sempre, anche se non ci saranno i genitori, la possibilità dell’amore, dell’amicizia, della vicinanza, dell’accoglienza.
Viceversa, non ha futuro benefico e gioioso colui che viene concepito involontariamente, non viene accolto, e la mamma lo vuole abortire, anche se qualche prete, magari la convince a darlo in adozione, e lei lo fa, sulla scorta di sensi di peccato ecc...
Una sera vidi un documentario sul Congo. Come si sa, adesso c’è la “pace” però i congolesi sono reduci da cinque anni di guerra delle peggiori, costata cinque milioni di morti.
Oggi, nonostante nel paese ci siano fermenti di speranza e anche donne che si candidano alle elezioni, la popolazione è in preda al totale disfacimento umano. Addirittura la maggioranza crede che alcuni bambini, figli propri, siano invasati dal demonio.
Ed è in atto un altro genocidio: quello dei bambini chiusi in un sacco e annegati come gattini. O legati e bruciati su un copertone d’auto. O, nella migliore delle ipotesi, cacciati di casa a fare i bimbi randagi.
Si parla di creature di 2 o 3 o 4 anni.
Hanno visitato ,in questo documentario, una specie di centro, tenuto da un prete, da una dottoressa italiana di 90 anni e di un altro medico arabo, che parlava in francese e che hanno intervistato.
Il medico ha mostrato bambini ustionati in modo rivoltante che erano fuggiti dal rogo del copertone. Bambini evirati, altri con cicatrici che rivelavano che erano stati scarnificati.
Centinaia e centinaia di bebè in culle improvvisate, portati lì dalle madri che volevano salvarli dai roghi e dalle torture, e poi abbandonati.
Questa gente allestisce un ospedale, una piccola scuola, cerca di far qualcosa, ma è chiaro che combattono contro i giganti.
Il medico arabo, ho notato, era molto affettuoso con questi bambini, mentre li visitava li abbracciava, gli faceva semplici coccole, voleva loro bene, si vedeva chiaramente.
Intervistato ha detto che
“Non si puo’ dare quel che non si è mai avuto, gli adulti del Congo escono da cinque anni di guerra dove chiunque ha visto il fratello sgozzato, la madre stuprata e sventrata, la casa bruciata.
Non si puo’ pensare che, gravidanze portate avanti in un contesto di odio, paura e disperazione, generino individui amati e amanti dei propri simili.
Quindi, concludeva, nel mio piccolo, cerco di dar loro piu’ amore possibile”
L’amore non c’entra niente con Dio. L’amore è qualcosa che si sperimenta solo tra umani. Almeno un uomo, una donna, (una madre, un fratello, un figlio, un amico), qualcuno, insomma, deve far sentire un altro amato una volta nella vita. Almeno.
Altrimenti l’individuo non avrà antidoti contro il male che lo circonda, non potrà mai sottrarsi alle sue paure che innescano il razzismo e l’odio verso cio’ che non si puo’ comprendere, perché se manca l’amore manca il “conatus”, l’impulso alla vita, l’autoconservazione di se e della specie.
Invece si continua a far prevalere Dio come un’autorità. E con la scusa di obbedire all’autorità si risponde con “obbedisco agli ordini”. Del capitano, che obbedisce al generale, che obbedisce al ministro, che obbedisce ala Patria, che appartiene alla stirpe, che l'ha creata Dio e che vuole che sia difesa.
Troppo comodo. Non c’è niente di peggio che istanze relativistiche che vengono fatte valere, in modo assoluto, relativamente a delle forme di potere. In questo veramente dio è morto.
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