sabato, dicembre 02, 2006

Economico Razzismo Italiano

C’era una volta un’Italia bianca e (demo) cristiana. L’Italia dal dopoguerra alla metà degli anni ’80. Quando, qui a Milano, andavi in metropolitana e riconoscevi solo passeggeri “bianchi”, dove le genti di altre stirpi erano sparute e, quando presenti, guardate come extraterrestri.

Dapprima c’erano solo gruppi di senegalesi comparsi verso la fine degli anni 70 a vendere tute da ginnastica abusivamente. L’ondata migratoria massiccia da paesi lontani, l’Italia l’ha conosciuta verso la fine degli anni ’80.
Il razzismo però, era già patrimonio collettivo dell’Italia dall’immediato dopoguerra, quando Luchino Visconti, in quel memorabile film che è “Rocco e i suoi fratelli” mostra una famiglia siciliana emarginata in una Milano che il cuore in mano non l’ aveva ancora, nelle cui strade erano esibiti cartelli “non si affitta a meridionali”. Nel film vi si mostra la profezia che si autoavvera, e cioè che se all’emarginato gli affibbi a priori l’etichetta di delinquente, lui comincia a delinquere davvero. E così si consuma lo stupro della diafana Annie Girardot, in quello stesso film, vittima del razzismo degli altri.

In realtà il popolo meridionale andò amalgamandosi abbastanza rapidamente nei quartieri popolari del dopoguerra, contribuendo alla ricostruzione e al decisivo decollo della “rivoluzione industriale” , che in Italia è avvenuta abbastanza tardivamente, rispetto agli altri paesi.
Come esprime lo storico Marco Revelli, nel libro “lavorare in Fiat” L’apporto dei giovani operai meridionali fu fondamentale , perché rinnovo’ il sostrato culturale del movimento operaio ,instillando l’idea della legittimità delle pretese di miglioramento della dignità e delle condizioni di lavoro in fabbrica. Fino ad allora, il movimento operaio era stato di matrice settentrionale,e si era mostrato docile alle pretese dei padroni, fatta eccezione per il periodo fascista-repubblicano, al punto che in Fiat,dopo la guerra , l’operaio pretenzioso dal punto di vista dei diritti veniva messo a lavorare al reparto verniciatura, il che significava una breve e dolorosa aspettativa di vita, per via dell’avvelenamento cui era sottoposto.
Fu proprio sul terreno della solidarietà negli strati bassi della popolazione, impegnata a scioperare e protestare contro l’avidità dei padroni, che venne superandosi la diversità culturale e il razzismo che animava gli italiani al loro interno. Questo processo però vide protagoniste solo le grandi città del nord: Torino, Genova e Milano. Mentre, per esempio, le province venete, dapprima attossicate da una perenne stagnazione economica che costringeva la gente ad emigrare all’estero (i “terroni” del nord) hanno dato vita, solo dagli inizi degli anni 80 , ad una borghesia industriale (si pensi ai Benetton e agli Illy) da cui partì un forte messaggio di “sindacati che rovinano l’Italia”, di “operai che han voglia solo di scioperare”. Non avevano intenzione, questi padroni, di farsi ricattare dalle pretese operaie che ,secondo loro, avevano così messo in ginocchio la Fiat e in poco tempo questa sottocultura si propagò alla borghesia tutta, e così la Lega fu.
La cosa paradossale è che , mentre la Lega (prima Lega Lombarda, poi Lega Nord, avendo nel nord est italiano i suoi maggiori consensi) saliva i vertici della politica, acquisendo sempre piu’ consensi, e basando la propria propaganda su “roma ladrona” e “basta l’Italia in mano ai terroni”cominciava l’immigrazione degli africani, massiccia, inarrestabile. Africani che spesso passarono dalla vendita di felpe (negli anni 70 sparuti e guardati con curiosità) e magliette sotto la metropolitana di Cadorna, agli altiforni delle acciaierie venete. Di fatto, la parte piu’ ricca dell’elettorato leghista, fu quella che incoraggio’ l’immigrazione extracomunitaria: manodopera a più basso costo , non pretenziosa, abituata a condizioni di vita per le quali, una giornata in altoforno equivaleva ad una giornata da top manager ad Acapulco per un italiano.


Oggi, che viviamo , di fatto, un aggregazione massiccia di culture diverse nella nostra provinciale società, il razzismo si è fatto più capillare, investe anche casalinghe fino a ieri indifferenti ad un fenomeno che oggi è diventato “un problema”. Ciò avviene perché le condizioni economiche si sono deteriorate un po’ per tutti, tanto che il potere, non rinunciando mai alla propria avidità, riesce a far digerire alla massa che il progressivo annichilimento di servizi sociali ( e ci metto anche ospedali e acqua) a fronte di tasse sempre piu’ elevate per tutti i cittadini, è “necessario” perché l’Italia “non è più produttiva.
E così le politiche di rilancio della “produzione” diventano, nei fatti, politiche di peggioramento dei contratti, di innalzamento dell’età pensionabile, di rapina delle liquidazioni. Senza contare che la politica monetaria di questo paese, con l’introduzione dell’euro, ha raddoppiato in una botta sola il costo della vita (1 euro=mille lire come potere d’acquisto, non è semplicemente un luogo comune).

Il potere, come le ricche signore VIP, segue la moda. Si è aggregato infatti al capitalismo imperialistico che, dalla fine della guerra fredda in poi, è stato imposto dalle caste dominanti. Trovando nell’insofferenza dei “nativi” verso l’afflusso degli extracomunitari, per esempio un valido pretesto culturale per soffiare sul fuoco della guerra ( e parteciparvi attivamente, sia come investimenti che come commercio che come apporto umano) che , nella fattispecie è guerra all’Islam, poiché, per via del patto atlantico, noi siamo aggregati agli stati uniti.

Nel frattempo, la borghesia trova il modo di spostare l’apparato produttivo italiano in Cina , in Romania o in India. Di soppiatto, per risparmiare sui salari e sui contributi. Con la complicità del potere che “si vede costretto” a privatizzare e a proporre contratti indegni, emanare leggi sul lavoro che promuovono il precariato e rapinare la gente delle liquidazioni.

In questo bel quadro di politica economica affetta da incapacità e da spirito di rapina, le coalizioni di destra e di sinistra si trovano sempre miracolosamente d’accordo.
Si dividono sulla quantità di cannabis, sulle leggi per la fecondazione artificiale e sull’eutanasia. Cio’ che lascia al potere dubbi, cioè, è solo quanto attiene ai comportamenti individuali delle persone ormai culturalmente ed economicamente deprivate, che devono subire le conseguenze delle “tavole morali” di questi disonesti ed avidi “governanti”. Che sulle azioni di legittimazione dello sfruttamento e dell’impoverimento delle masse, sono sempre tutti d’accordo.

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