Vengo anch'io. No, tu no.
Come mi fa godere la notizia che Fini sia stato raggelato dalle dichiarazioni di Martens, presidente del PPE, non avete idea.
La destra in Italia, (parlo del periodo storico pre-nano, ovviamente) ha sempre avuto il ruolo opportunistico di raccogliere i voti di coloro che, per storia familiare oppure per sentire politico, erano rimasti affezionati al fascismo, o meglio ad un’idea di esso.
Da Michelini ad Almirante, il vecchio “Movimento Sociale” si era reso maggiormente estremista: Almirante rivendicava il diritto di non riconoscimento di certi valori della costituzione, cio’ gli valse l’emarginazione politica, qualificandolo come “partito fuori dall’arco costituzionale”.
Tuttavia anche Almirante ebbe delle “cadute di stile” politicamente parlando: si associo’ con la DC per sostenere il governo Tambroni, osteggiato dalle sinistre (1960). Che cadde per via dell’insurrezione di Genova.
Da allora l’MSI fece sempre una politica di opposizione, sembrava non voler neppure governare: il suo obiettivo era rosicchiare quanti piu’ voti possibile alla DC, che era sempre al governo, proprio rafforzando sempre quel ruolo contestatore delle politiche centriste che venivano partorite dall’arco costituzionale. Era il partito dei proprietari terrieri, della piccola borghesia nostalgica e dei vecchi fascisti.
Nel 72, però, i vecchi fascisti vennero traditi: Almirante fuse nel partito il PDIUM, i monarchici.
Il calcolo era basato sul fatto che il grosso dei voti li prendevano da Roma in giu’, dove non sussisteva una tradizione così apertamente antimonarchica come nel nord Italia. Tuttavia molti appartenenti al partito si sentirono delusi.
I voti però pagarono Almirante negli anni 70. Sia perché i tempi turbolenti accentuarono il “pericolo rosso”, sia perché , comunque, la politica di rosicchiare voti ai democristi non era mai cessata.
Infatti Almirante schierò il suo partito sia contro il divorzio (pur ammettendo in tv di essere divorziato) nel 74, sia contro l’aborto nel ’78.
Poi Almirante muore e il partito cade in mano al suo “delfino”, prediletto da donna Assunta, perbene al punto da rinnegare le tesi neofasciste nella svolta di Fiuggi del 95 e, contrariamente a quello che era il “sentire” della maggior parte dei neofascisti, assumere posizioni di filosionismo.
Il momento era propizio, Mani Pulite aveva fatto piazza pulita dei tradizionali partiti di centro e centro-sinistra, per cui Fini seppe approfittare di questa sua emarginazione che aveva sempre vissuto nella politica italiana. Ora tornava a suo vantaggio.
Il cambio di nome, di tendenza in politica estera, di ideali, in uno sfacciato opportunismo, non toccò comunque la retrività che aveva caratterizzato il partito di Almirante: sempre con la Chiesa, sempre a dire no ad ogni spinta di rinnovamento. No alle droghe leggere, verso cui ha coniato una legge improponibile, per dare biada ai preti e no alla legge 40.
Per il resto la storia di Fini è la storia di un gruppo di uomini che nell’amministrazione pubblica non si è distinta né per correttezza né per onestà (si vedano le vicende di Storace) né per autonomia politica: sempre dalla parte di Berlusconi, sempre forzatamente appianate le questioni coi leghisti, alla faccia del filopatriottismo che da sempre La russa sfodera.
Ogni tanto, per raccattare manciate di voti, Fini se ne esce con “voto agli immigrati regolari” o, ultimamente, “corano” nelle scuole. Un’iniziativa per promuovere soldi per le scuole pubbliche, per l’insegnamento di storia delle religioni, anziché di “religione” in tutte le patrie scuole, un guizzo, una novità, mai. Da buoni filomilitaristi, gli alleanzini, al governo, si son sempre piegati ai dettami di Forza Italia.
Almirante aveva dalla sua parte una dialettica e una cultura straordinarie. Che lo rendevano un politico carismatico. Una volta fece un intervento alla Camera di 10 ore. Stracciava i giornalisti senza mai alzare la voce, solo con la forza della parola.
Fini non gli pulisce neanche le scarpe.
Né come classe politica (è sempre destinato, quando se ne esce con i favori agli “immigrati regolari” a prendere pesci in faccia dai leghisti in modo proprio avvilente) ,né come dialettica, visto che lui e i suoi compagni di partito non sono in grado di sostenere una discussione pubblica senza alzare la voce, come pescivendoli al mercato.
Ora che conieranno la grande mangiatoia della democristianeria europea, lui pensa di metterci tutti e due i piedi. Però non lo vogliono. Troppo estremista. Un pericolo per l’Italia.
Pertanto questa Alleanza Nazionale, ormai destra senza identità, annegherà nel grande mare del centrismo europeo, con gli elettori destri che, laici, voteranno forza italia e cattolici, opteranno per udc. Lasciando Fini e il suo opportunismo sterile solo con se stesso e con qualche migliaio di elettori.
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