mercoledì, settembre 20, 2006

MILANO

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Quando sono via, altrove, presso orizzonti che escludono la rappresentazione di questa città e la gente mi chiede da dove vengo, sento un'amarezza al cuore, una stretta e immagino che quando pronuncio questo nome -milano-sulla mia faccia compaia una smorfia. Mi sovvengono nella mente immagini che sono un po' simboli, cose che non ci sono piu', come i cessi pubblici dela piazzale della stazione centrale o le turche davanti allo stadio di san siro, che sono state soppresse, ma che mi hanno solcato la memoria come metafore di sozzura, di umanità fetida, che nel presente continuano a sussistere nonostante la Milano che vivo e attraverso oggi sia profondamente e sempre, diversa dal passato,diversa da se stessa.
A Milano il clima è sempre umido, estate e inverno. Il pavè del centro sembra sempre un pavimento polveroso incerato da una casalinga tenace. I piedi sembra che si immergano sul selciato delle vie e delle piazze, in una città che per me non è teatro di nessuna avventura interessante e che invece scrittori come Scerbanenco, Merini, Pinketts, Brancher hanno dipinto come scenari della loro vita e dei loro personaggi.
Mi sono sempre chiesta se l'ostilità che nutro verso questa città che vorrei abbandonare immediatamente, abbia radice nella mia mente, come qualcosa di me stessa che vorrei lasciarmi alle spalle, oppure se Milano è veramente imbruttita (oddio, bella non è mai stata) come il viso irregolare ,da stan laurel tragico, di Letizia Moratti, sindaco.
Io sto in periferia, in un quartiere che una volta era un paesino e che ora invece si è arricchito di quei palazzoni di 20 piani costruiti sulla sabbia che parlano della città. Nel mio quartiere ci sono ancora i portici, specie di carrugi sotto i quali ci sono alcuni negozietti di abbigliamento con vetrine spoglie, tranne qualche vestito da bancarella venduto a prezzi esorbitanti.
I muri di Milano -tutti- sono sfregiati da firme di writers e da scritte. Si va da "maria ti amo" a "inter=merda" a "la compagnia è in ferie, ci si rivede il 18.8"
Nel mio quartiere c'è un bellissimo edificio scolastico,con un giardino pieno di alberi, antico, grandissimo, che una volta era una scuola pubblica e oggi è un edificio abbandonato, nei locali del quale ci vive solo un custode del comune e che l'abbandono sta rendendo fattiscente. In compenso,non c'è una scuola media.
La piazzetta della chiesa è sempre piena di gente, con la bella stagione: signore con i bambini che chiacchierano, i bambini che giocano col triciclo, adolescenti in amore e extracomunitarii che ,dopo il lavoro, nel tardo pomeriggio, si comprano la birra al supermercato e la consumano in piazza tra altre chiacchiere.
Gli italiani vanno al bar, dopo il lavoro, possono permetterselo. Giocano a carte sui tavolini di fuori, sbraitano, bestemmiano e litigano, poi fanno pace e continuano a giocare e parlare di calcio.
Non ci sono molti marciapiedi, nel mio quartiere. Lì si cammina per lo piu' sul ciglio della strada, a ridosso dei muri o delle cancellate dei grandi condominii.
i camminamenti interni per i pedoni spesso sono sterrati ,fangosi o polverosi a seconda della stagione. Per arrivare in centro si deve prendere un autobus e la metropolitana. Alla fermata dell'autobus, il sabato pomeriggio, ci sono adolescenti sbarbati e puliti e fanciulle con i jeans buoni e il trucco fresco, che vanno al cinema in centro. Mettono allegria a vederli, ma nello stesso tempo rattristano, perchè vanno in cerca di una vita e di una bellezza che in questa città non si puo' piu' trovare. Nei quartieri un po' piu' centrali: via farini, via meravigli, via plinio, c'è più "metropoli". Dopo il lavoro, specialmente i giovani, si raggruppano nelle birrerie dove fanno l'happy hour, dalle 18 alle 19. Cacciano via la tristezza con birra e compagnia a metà prezzo. Si sforzano di ridere sul loro precariato lavorativo ed esistenziale. Questo nell'ora in cui i papaveri di Palazzo Marino stanno chiamando i taxy per farsi trasportare nei salotti buoni, a cena dall'alta borghesia, con cui, minuziosamente, pedantemente, tra coca e bottiglie di champagne, progettano al miglior modo affinchè i milanesi la prendano piu' profondamente nel culo.
Ma i milanesi sono filosofi, e come potrebbero non esserlo? sono pragmatici, per la precisione. Tra i tanti problemi che hanno, vivendo in questa città, selezionano, si incentrano sui pochi verso cui si possono avere delle cose da dire e soprattutto da fare. E' per questo che Milano divenne, a suo tempo, leghista ed oggi seguace di berlusconi, formigoni e di tutto quello che finisce per -oni-.
E votano per le destre. Perchè i milanesi sono fedeli. Hanno cominciato 20 anni fa a votare per le destre. Ancora non hanno smesso, nonostante le destre abbiano regalato ai milanesi un costo altissimo della vita, una città visivamente sempre piu' brutta, un precariato ormai assurto ad abitudine di vita.
Quello che non manca a Milano sono i vigili urbani e i poliziotti. I primi esistono per fare le multe per divieto di sosta, i secondi per reprimere lo spaccio di hashish e di marjuana, tanto che le piazze di queste sostanze non esistono piu', se ti vuoi approvvigionare devi conoscere uno spacciatore personalmente. Ovvio che cio' non riguarda il consumo di cocaina, che trova a milano la sua piazza piu' fornita ed economica. Il consumo di tale sostanza, riguarda una fetta di popolazione che non viene perseguita per altri misfatti, figuriamoci per questo "vizietto" innocente.
Che dire poi delle bidonville di Musocco?
Andare a Musocco, per i milanesi, ha sempre avuto la valenza semantica di "morire". Stare a Musocco corrisponde a "essere morti". A Musocco c'è il cimitero maggiore. Il piu' grande e popolare di Milano. Esso emerge, dalla nebbia o dalla foschia mattutina delle giornate estive o di mezza stagione, al termine di un viaggio sul tram, che una volta era ferroso e piccolo, oggi è tecnologizzato e a piu' vagoni, che era , non so se è ancora, il numero 14.
E' bianco e immenso, non impacchettato come tutti i poveri monumenti di milano, Musocco. Ha altisime mura bianche, appunto, un cimitero di "frontiera", come tutto a Milano è "di frontiera", anche la stessa città, nonostante si trovi in piena "Padania".
A ridosso delle mura occidentali, in fondo, verso il limitare del cimitero ci sono le bidonville. Non ci abitano solo gli zingari, che comunque sono la maggioranza, ci abitano tutti quelli che, a Milano, non possono permettersi un luogo dove abitare. E sono tanti.
Milano, anche se è una citta' con piu' di due milioni di abitanti, ha conservato le vecchie abitudini dei paesi: si chiacchiera. Lo sanno tutti che fuori dalle mura di Musocco ci sono i bambini -albanesi, rumeni, bulgari, montenegrini- che per max 200 euro, battono. Che Milano è per i pedofili, quello che amsterdam è per i consumatori di hashish: il paradiso del vizio.
Però, a parte sporadiche visite della forza pubblica, nessuno fa definitivamente un cazzo. I milanesi non mollano più le mance robuste che dovrebbero servire ai bambini e ai loro padroni, i vigili urbani non consegnano questi bambini a servizi sociali che, ormai, non esistono più e non mandano a scuola più nessuno. Quindi la prostituzione è impunita. Invereconda. Come la parvenza di esistenza che conducono gli abitanti di questa città...

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