mercoledì, aprile 27, 2011

Il caso della diffamazione di Barbara Albertoni

Da "Antico Ordine dei Tagliapietre"
In un liceo linguistico milanese lavora un'insegnante di storia e filosofia, tale Barbara Albertoni, che si è ritrovata protagonista delle cronache nazionali perché colpevole di tenere un blog in cui scrive ciò che pensa.
Blog - leggo su Repubblica, il quotidiano che ha sollevato il caso - pieno di attacchi ripetuti ad ebrei e ad Israele, vignette, foto della bandiera israeliana con la svastica e in cui Franco Frattini viene definito «servo» di Israele. Uno scandalo, secondo il cronista Marco Pasqua, magari ignaro di scrivere su un quotidiano, La Repubblica, mai stato tenero nei confronti del governo di cui fa parte il povero Frattini...
Inoltre, si continua, nel blog sarebbero presenti articoli dedicati alla difesa incondizionata dei negazionisti più noti. Da Faurisson ad Irving, fino al ricercatore della Sapienza, Antonio Caracciolo, che sul web diffondeva tesi negazioniste. E subito ci si prodiga in estratti (si presume salienti) da questi terribili articoli negazionisti:

Per quanto riguarda la trattazione scientifica dell’Olocausto, gente come Faurisson ha preso le botte e ha fatto la galera. La scienza richiederebbe una ricostruzione scientifica delle argomentazioni contro, non le botte e la galera
[Faurisson è] perseguitato da oltre 25 anni da leggi che negano il diritto alla ricerca ed alla libertà d’espressione.
Prima che ci si metta a ridere per il furore antisemita, gli estratti non sono riuscito a trovali in nessun articolo, ma in un commento di risposta ad una discussione, scritto poi nel lontano dicembre del 2009: Repubblica dà le notizie a scoppio ritardato?
Ma è proprio quello riassunto dal sempre meno credibile giornalista il pensiero dell'insegnante? Per correttezza, leggiamo insieme il seguito dell'intervento della Albertoni:
Per quanto riguarda la trattazione scientifica dell’olocausto, è vero che gente come Faurisson ha preso le botte e ha fatto la galera. La scienza richiederebbe una ricorstruzione scientifica delle argomentazioni “contro”, non le botte e la galera. Non, almeno, in una società democratica, quindi Caracciolo quando parla di “verità ufficiali non soggette a verifica storica e contraddittorio” dice cosa vera.
Sulle camere a gas è vero, esprime il dubbio. Che è diventato razzista e criminale esprimere dei dubbi?
Che altro dice? che l’olocausto è un mito “”per colpevolizzare moralmente i popoli vinti” . Ha ragione. Lo dice anche Pappe. Lo dice Finkelstein e anche l’articolo di Ash che ti ho postato. Che dice di cosi scandaloso da essere bollato da lebbroso?
Per finire sul negazionismo: anche a me darebbe fastidio che qualcuno negasse El Alamein. Capisco anche chi ha visto le vignette di Ramone e pensa che sarebbe opportuno spaccrgli la faccia, ma non è il caso di Caracciolo e in ogni caso non butterei in galera una persona per le sue opinioni e non metterei neppure in discussione il suo operato di professore per una opinione non perfettamente allineata.
Almeno, volendo essere democratici.
Inoltre, scendendo poco più sotto, si può trovare una precisazione che magari al cronista è sfuggita:
Qui si vuole accendere un rogo per un professore che si occupa di tutt’altro nella sua attività accademica per 4 frasi prese dal suo blog privato, scritto oltretutto nel quadro di una polemica dai toni durissimi con informazionecorretta. C’è poco da discutere: il caso Caracciolo è una “caccia alle streghe” che spero si stoppi perchè altrimenti significa che la democrazia in Italia è solo un ricordo lontano.
Fermo restando la condivisione mia sugli orrori del nazismo che nessuno ha mai contestato da queste parti.
Riassumiamo. Barbara Albertoni non ha espresso tesi negazioniste, ma da un lato ha osato affermare che in democrazia debba esistere la libertà in astratto di esprimerle e, dall'alto, ha proposto di discutere queste idee nel merito come si fa solitamente in storiografia. Basta poi una rapida occhiata al blog per comprendere che non si è proprio nell'antro di un'affiliata ad un movimento neonazista o razzista, ma, al contrario, nel semplice blog di un'antimperialista filopalestinese.
Basta quindi qualche vignetta contro Israele per attivare la macchina nazionale della diffamazione, in attesa che Fiamma Nierenstein colga la palla al balzo per mettere in atto il suo progetto di censura sulla rete? E come mai a mettere in moto il fango, questa volta, non è Libero, ma un quotidiano come Repubblica che non è mai stato definibile come filoisraeliano?
Ma i problemi per la docente non sono finiti, perché Repubblica riporta trionfalmente che a Roma ci si è subito attivati per mandare gli ispettori alla sua scuola. Lo stile dell'articolo è il più becero: si getta in pasto alla pubblica attenzione la foto di una privata cittadina e si circonda la difesa dell'accusata (presente nel titolo, ma ridotta furbescamente ad un delirante: "tutta colpa della lobby sionista") con la notizia del provvedimento e le richieste avanzate da parte di tutte le forze politiche alla Gelmini di adottare misure disciplinari ai danni della professoressa. Come se avessero qualcosa a che fare le opinioni private espresse da una persona con la sua attività lavorativa.
La blogger, quindi, si è ritrovata schiacciata in un meccanismo infernale che sta finendo per stritolarla. Internet, apparentemente, le ha dato voce come ha dato voce a tutti, ma poi sono i soliti canali (e chi li controlla) a dare le notizie e così a disegnare la realtà come viene da tutti percepita: un piccolo blog non è assolutamente in grado nè di pretendere rettifiche dagli organi d'informazione, nè di far sentire a tutti la propria voce. Così la notizia falsa si diffonde e lo fa meglio se, preventivamente, si è riusciti a far passare la persona incriminata come complottista o delirante antiscientifica, come nel caso Albertoni.
Rete, dunque, torna ad essere sinonimo di trappola: trappola per chi scrive, perché rischia lo sputtanamento, e trappola per chi naviga, perché, inconsciamente, finisce per formarsi idee errate seguendo complicati passaparola di cui non conosce mai la fonte. A tutto vantaggio, oggi, di chi vuole la censura su internet, troppo anarchica, e di chi propone la censura sulla scuola pubblica, accusata di essere di sinistra.
E' emergenza democratica, a tutti gli effetti: è inutile la libertà d'espressione se poi viene punito con le calunnie chiunque ne voglia usufruire. Si troveranno abbastanza voci disposte a levarsi per questa piccola, ma grande causa?